La storia del borgo di San Giorgio si identifica con quella della sua tonnara, le cui origini si fanno risalire al 1060 circa, al tempo del conte Ruggero d’Altavilla.

E’, però, a partire dal 1407 che la sua attività viene documentata da un rescritto del re Martino del 27 giugno, con il quale egli si donava in feudum a Berengario Orioles, principe di San Piero Patti, il tratto di mare “Sancti Georgii”, dalla punta Fetente al vallone Salik (Saliceto), per calare tonnara, palamitara e altro.

Re Alfonso, nel 1442, estese la donazione del mare fino alla punta di Mongiove: tale ampliamento fu confermato nel 1460 e nel 1580.

Re Ferdinando, nel 1508, eresse terre e tonnare a baronia, accordando a Pietro Orioles il titolo di barone di San Giorgio.

Intanto, nel territorio circostante, cominciavano a nascere i primi insediamenti, e anche una chiesa, documentati dalle Lettere viceregie in Palermo del 23 ottobre 1679, nelle quali “si dava facoltà di poter fabbricare al sac don Cono Pisano, arciprete della terra di Gioiusa Guardia, una chiesa per li passeggeri” (F. Li Greci- A. Bedar - F. Riccobono, Mattanza, le tonnare messinesi scomparse, Edizioni G.B.M, Messina 1991).

L’anno successivo poi un’ordinanza del vescovo di Patti, monsignor Martinelli, “proibiva ai cappellani delle sacramentali fuori Guardia l’istruzione della dottrina cristiana nelle rurali”, ma da questo divieto veniva esclusa la chiesa di San Giorgio, “a motivo del costante passaggio, specie marittimo (M. Mollica, Le due Gioiose e San Giorgio, Armando Siciliano Editore, Messina, 2004)

L’ordinanza conferma che tanta gente dai paesi vicini si recava a San Giorgio per la pescosità delle sue acque e in particolare per la pesca del tonno, ma documenta in modo esplicito l’esistenza di una chiesa di San Giorgio, la cappella del palazzo dei proprietari della tonnara, luogo di culto per tanta gente, sia pure di passaggio.

Il malfaraggio era disposto su di un vasto cortile, detto baglio,
vegliato dalla torre di guardia di forma circolare, di cui ancora oggi esiste il rudere, a difesa della costa e della tonnara dai frequenti attacchi dei saraceni.

Nel 1720 Giovanni Mastropaolo, non avendo avuto figli, lasciò baronia e tonnara in eredità al convento di San Francesco d’Assisi di palermo, che a sua volta, l’anno successivo ne


“fece concessione formale al barone don Giuseppe Accordino di Patti. Questi però non rispettò gli accordi con il Convento, perciò nel 1722 gli venne confiscata. In seguito, nel 1731, la Real Cancelleria affittò la Tonnara a don Antonio Claves che la calò per due anni. Poi restò abbandonata fino al 1750, quando il Convento di Palermo fece petizione al Real Governo perché l’eredità della tonnara si alienasse. Il che fu recepito dalle autorità che nel 1751 la vendettero al duca don Mariano Cesare D’ Amico.

In seguito passò a Francesco Carlo D’ Amico, Duca D’ Ossada S. Giorgio e, durante il periodo di studi del giovane, venne diretta da un pro-tutore, successivamente sallo stesso proprietario” (F. Li Greci-A. Berdar-F. Riccobono, cit).

“Nel 1759 fu colli migliori rais e pratici assistito, ed intento per escogitare i mezzi a poter vantaggiare la pesca di suddetta sua Tonnara, e mediante le sue diligenze, speculazioni, ingenti spese, e non ordinarie fatiche l’ha fatta risorgere, essendo da più tempo abbandonata, rendendola una delle rispettabili Tonnare di corso di quest’Isola; ha fatto cambiare diversi siti nel calato di detta Tonnara ed in conseguenza ha dovuto soffrire grosse perdite,a segno, che trovandosi la suddette tonnara in società con l’altra che avea in affitto di Oliveri, e con le altre due in Milazzo, del Tono e Tonnara grande, li soci di dette due tonnare di Milazzo volevano che si fosse di nuovo abbandonata per non soffrirsi maggiori interessi.

Allora fu che si presentò da ma un Rais assai perito e pratico, che ritrovavasi nella Tonnara di Oliveri, chiamato Antonino Salmeri di Milazzo, e fu nel 1769, che conoscendo, per la sua perizia, che la tonnara di S. Giorgio non era ben situata in quel luogo, ove per l’addietro erasi calata, si accinse egli a situare detta tonnara a suo piacere, con portarla settecento canne più a ponente ed in testa del capo, e della Fetente, a passi ventisei di fondo affinchè potesse abbracciare tutto il golfo di Milazzo e Oliveri e pescare tutti quei tonni che sarebbero per sboccare dal capo del Tindaro e Mongioi: fu d’uopo, disse, di metterla fuori per non venir attraversato il cammino de’ Tonni dagli scogli nominati la Garganna sotto il Saliceto, cinquecento passi distante dall’antico sito di S.Giorgio, dalla parte di levante. Persuaso io da quanto egli mi palesò, feci tutto presente ai socj miei parenti: abbiamo tenuto un serio congresso di tutti li Rais e Padroni delle quattro Tonnare, e malgrado qualche contrario sentimento appoggiato all’asserzione di alcuni, che spacciavano esservi in quel dato sito dei guadi, ossia delle secche, ed esser più soggetto alle correnti, il Rais Salmeri, come quegli, che soleva con i suoi arbitrj quasi tutto l’anno pescare in quel mare, sostenne bene il suo parere e risolse per la pesca del 1770 farla calare ove egli aveva designato, avea detto Rais, a cui si ha data la Raisia di Oliveri e quella di S.Giorgio, con l’obbligo di restare al maneggio di quella di S.Giorgio. Si calò dunque in quell’anno la tonnara al sito descritto dal Salmeri e fece una pesca di seimila quintali, nonostante fosse danneggiata dalla corrente” (F.C. D’ Amico, Osservazioni pratiche intorno la pesca, corso e cammino de’ Tonni, Messina, 1816).